Raccontare il territorio in modo semplice, serio, rispettando e valorizzando al tempo stesso identità ed emozioni. Un patrimonio di tradizioni e cultura tramandato attraverso gesti rituali, decisi che parlano di esperienza e amore per la propria terra. Ambasciatori di sapere e sapori antichi sono contadini, allevatori, norcini, olivicoltori e viticoltori, che attraverso gesti quotidiani e duro lavoro tramandano di generazione in generazione i valori della cucina popolare. Colpiscono la fermezza e la sapienza di Luciano nel preparare la famosa ventricina piccante, scegliendo accuratamente le parti del maiale da utilizzare; la forza e caparbietà di Rita, tanto minuta nel fisico quanto energica nel lavorare il latte proveniente dal pascolo di alta quota trasformato in mozzarelle e formaggi, così come Alberto aiutato dai figli nel caseificio di famiglia. E ancora l’energia di Maria e Antonio che con la figlia Claudia portano a tavola quei prodotti “cucinati come si faceva una volta”, una per tutte le pallotte cac’ e ove, così come Carla, Pina e la figlia Elisabetta “maestre” di “pizz e fojie” e coniglio e carni varie con patate cucinati sotto il coppo. Non ultimo Antonio, detto Tonino, che con la sua simpatia porta a tavola i piatti della tradizione contadina accompagnati da racconti di vita. Un quadro incorniciato da oli, vini tipici del territorio con l’aggiunta di una sfida tutta da vincere, quella dello spumante prodotto da vitigni autoctoni, raccontata da Federica.
Valorizzare l’identità di un territorio attraverso la cucina è lo scopo di Slow Food Abruzzo-Molise che con il Gal Majella Verde promuovono un progetto che mira proprio a restituire dignità ai saperi della tavola e a quella che è una vera e propria «cucina democratica, senza riferimento alla politica, rispettosa della stagionalità e accessibile a tutti». «Un percorso partito un anno fa e che cammina di pari passo con le stagioni», commenta Carlo Ricci, direttore Gal Majella Verde. Non solo con esperienze gastronomiche ma anche attraverso le videointerviste ai custodi dei prodotti locali che si possono vedere sul canale YouTube “Cucina Popolare Frentana” e proposte sulle pagine social Instagram e Facebook del progetto.
“Cucina popolare frentana: tracce d’identità” intende proprio far conoscere quel patrimonio immateriale autentico e legato all’agricoltura che caratterizza una parte della provincia di Chieti, che da Lanciano guarda verso il primo entroterra fino alla montagna madre e alle colline del Vastese. Dal primo all’11 dicembre, quattordici strutture, tra agriturismi e ristoranti, ospiteranno la quarta rassegna diventando ambasciatori e paladini di una cultura popolare fatta di tradizioni e ritualità. Sono: Aia Verde (Pizzoferrato), Caniloro (Lanciano), Colle Tripio (Guardiagrele), Cuore Rosso (Altino), Fattoria dell’Uliveto (Scerni), Il Grappolo d’Oro (Lanciano), Il Vecchio Moro (Torricella Peligna), La Brocca (San Martino sulla Marruccina), La Collinetta (Montazzoli), Osteria La Frasca (Scerni), Shangrilà (Borrello), Trattoria del Pagano (Palombaro), Travaglini (Casoli), Za’ Culetta (Rocca San Giovanni).
«Accanto al prezioso lavoro di conservazione e di divulgazione di un patrimonio culturale che rischia in parte di scomparire, fatto di ricette, strumenti, riti gastronomici legati alle stagioni e a speciali ricorrenze; con questo progetto intendiamo costruire – hanno spiegato i presidenti Gal Maiella Verde e Slow Food Lanciano, Tiziano Teti e Raffaele Cavallo – un cammino moderno di riscoperta della tradizione gastronomica locale che possa stimolare sensibilità nuove e generare economia all’interno di un processo che porti alla conoscenza e alla consapevolezza dell’inestimabile patrimonio della cultura agro-pastorale abruzzese. Il nostro impegno e quello di tutti i protagonisti, che rappresentano il vero valore aggiunto di Cucina popolare frentana, che, teniamo a ribadire un progetto a più voci – hanno concluso – è anche quello di sostenere e tutelare i piccoli produttori e raccontare al meglio il territorio frentano più autentico a partire da un ingrediente da proteggere, l’artigianalità, che è anche unicità, con l’obiettivo di custodire il patrimonio di saperi che esiste dietro a ogni piatto».
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