COLAO, UNA SCIENZIATA MADE IN NAPLES
Di Laura Caico
30 agosto 2018 – E’ partenopea al 100%. Annamaria Colao napoletana, segno zodiacale Vergine, classe ’58, Professore Ordinario di Endocrinologia dell’Università Federico II di Napoli, nonché Direttore della Sezione autonoma di Endocrinologia e Vicedirettore del Dipartimento di Gastroenterologia, Endocrinologia e Chirurgia generale del Secondo Policlinico, è una delle eccellenze femminili nate all’ombra del Vesuvio; stimata come prima scienziata al mondo nelle malattie dell’ipofisi, ha dedicato la sua vita allo studio, all’approfondimento di tante e svariate competenze, all’aiuto medico, sociale e solidale del suo prossimo più debole e sfortunato, dei malati, dei dimenticati dalla medicina ufficiale.
Poliglotta, ha mostrato sin da bambina una vera passione per le lingue come inglese, francese, spagnolo e tedesco (a 14 anni conseguiva già il diploma di 1 livello d’insegnamento al Goethe) che parla fluentemente, a cui si sono aggiunti gli studi di latino e greco e un’incommensurabile passione per il mondo antico, che perdura tuttora.
Lei ha anche studiato pianoforte, vero?
“Sì, per 8 anni privatamente, grazie a mio padre Giovanni Colao luminare medico e grande melomane, che amava la musica in tutte le sue forme: infatti, mi narrava le trame dei libretti come storie della buonanotte e mi cantava le romanze per farmi addormentare.
Devo a lui se conosco moltissime opere liriche e ancora adesso, se gli impegni me lo consentono, vado al Teatro san Carlo a seguire la stagione lirica, sempre molto bella e interessante.”
L’endocrinologia ha un raggio d’azione molto vasto?
“Certo, le malattie endocrine possono interessare tutto l’organismo poiché comprendono disfunzioni ormonali e metaboliche, disordini della fertilità e della nutrizione e tumori della tiroide, sia benigni che maligni: entrando nello specifico incidono, per esempio, sulla crescita con fenomeni di nanismo o gigantismo, sulla situazione ponderale con disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) causando obesità o magrezza, sulla pubertà con disturbi di anticipo o ritardo puberale, sulla funzione riproduttiva con endocrinopatie in gravidanza o menopausa precoce, sulla Tiroide con orbitopatia tiroidea, ipertiroidismo o ipotiroidismo: gli specialisti devono essere preparati ad affrontarne le ripercussioni cardiache, ematologiche, ossee, neurologiche, renali e/o gastro- intestinali, che possono culminare in casi di diabete o in patologie ipofisarie come le neoplasie endocrine (tumori tiroidei, paratiroidei, MEN), agendo attraverso percorsi diagnostici e terapeutici multidisciplinari e applicando gli strumenti e i protocolli scientifici più aggiornati.”
Lei appartiene alla Commissione Nazionale ECM e alla Commissione per il Piano Nazionale della Ricerca e ha ricevuto anche un importante premio come neuroendocrinologo dall’ENEA (European Neuroendocrine Association); quali sono le prossime tappe della sua attività?
“E’ nata un’importante iniziativa della Comunità Europea, Endoern, Reti virtuali di riferimento europee per le malattie rare in endocrinologia (ERN) che coinvolgono centri di riferimento in tutta Europa, per affrontare lo spettro di quasi un centinaio di complesse o rare malattie mediche del nostro settore, che richiedono una concentrazione di conoscenze e risorse: l’università Federico II è l’unico centro accreditato per l’Europa in tutto il Meridione d’Italia e io sono il referente che organizza i 10 centri medici nazionali per l’Europa. Abbiamo avuto, quindi, la duplice soddisfazione di stabilire il centro operativo a Napoli e di ottenere la mia nomina a referente di tutte le malattie rare endocrine in Europa.”
Qual è il prossimo appuntamento di rilievo per il vostro settore?
“Il 27 e il 28 settembre si svolgerà a Napoli all’hotel Terminus un convegno di tutti i centri del Sud Italia che riunisce 7 regioni, Molise, Abruzzo, Sicilia, Campania, Calabria, Basilicata, Puglia, per circa 19 milioni di abitanti che corrispondono al totale di quelli dell’Olanda; quindi diventiamo forti – dal punto di vista dei finanziamenti – come uno dei paesi più forti della Comunità Europea e io intendo fare – all’interno di questo progetto – la rete del Mediterraneo per tutti i malati rari che non hanno risposta.
Ci presenteremo come unico ente, all’interno del punto rete di Federico II: sto costruendo un database in cui inserire i dati delle malattie rare, per rendere visibili i dati del Sud Italia che non ha niente, afflitto com’è dalla penuria di risorse che impediscono la ricerca e l’innovazione, malgrado non ci manchino i talenti e le competenze. Purtroppo, il Sud del mondo non è rappresentato e molti pazienti con malattie rare sono dimenticati: l’Italia, rispetto all’Europa, non considera rare diverse patologie, tra cui l’acromegalia, la Sindrome di Cushing, le endocrinopatie in Sindrome di Down che, invece, sono inserite nell’elenco delle malattie rare a livello europeo.
Alla base di queste discriminanti, va segnalata la mancanza di registri dell’Istituto Superiore della Sanità per queste malattie che richiederebbero ingenti rimborsi di analisi, visite e altre prestazioni mediche: questioni finanziarie hanno finora impedito la raccolta dati su questi malati discriminati che muoiono senza che si riesca a sapere come e perché.”
Ed è l’unica novità in campo endocrinologico?
“No, c’è anche un progetto più grande sull’Italia – che viene gestito a livello europeo da un coordinamento olandese – in cui io rappresento l’Italia per tutte le malattie rare e sono nella piattaforma che riguarda l’ipofisi, che è il mio settore di ricerca: questa è la cosa più importante in assoluto degli ultimi due anni perchè risponde finalmente alle necessità del malato.”
E’ contenta dei progressi registrati dalla scuola napoletana di neuroendocrinologia clinica in questi ultimi 30 anni?
“Sì e sono orgogliosa di appartenervi: il divario fra la situazione all’epoca del mio esordio in medicina e chirurgia ad oggi è impressionante perché, fortunatamente, adesso disponiamo di un modo di fare diagnosi straordinariamente diverso. Immagino che la medicina del futuro si baserà moltissimo sulla ricerca applicata con l’ingegnerizzazione, sulle nanotecnologie, sulle microparticelle in grado di portare con sè i farmaci o il pezzettino di enzima e del gene o sul radiofarmaco che ti fa vedere dov’è la lesione.”
E sul fronte della ricerca?
“La ricerca sta facendo passi da gigante e continuamente, oltre al superamento dei percorsi diagnostici esistenti, si formulano nuovi protocolli terapeutici che migliorano lo status dei malati e la preparazione professionale dei medici, stimolati dal confronto con colleghi di tutto il mondo: investire nella ricerca è l’idea vincente perché si tratta dell’unico investimento che porterà al miglioramento della salute della collettività, con benefici effetti sulla durata e qualità della vita della nostra e delle future generazioni, progressi scientifici e tecnologici, ampliamento di competenze, affinamento e approfondimento conoscitivo.”
Quindi Napoli è all’avanguardia?
“Sì, noi siamo il centro di riferimento per i nuovi farmaci in sperimentazione in ogni parte del mondo, dei protocolli già provati su animali e pazienti sani, di cui conosciamo effetti collaterali e che poi proponiamo ai pazienti afflitti da gravi patologie: spesso e volentieri, i malati accettano di provare un farmaco nuovo che supera i limiti di quelli già in commercio, per vivere meglio e soffrire meno.”
Napoli può vantarsi anche di formare veri talenti?
“Siamo orgogliosi di disporre di uno staff di ricercatori che c’invidia tutta Europa, un gruppo che lavora al top level per 12 ore al giorno col sorriso sulle labbra: i più bravi chiamano a raggiungerli i più bravi della loro generazione, stimolati dal confronto per fare sempre di più e conseguire nuovi traguardi. La mia classe di studi è in giro per il mondo, al vertice della medicina e chirurgia e io stessa ho formato due generazioni di collaboratori che hanno raggiunto livelli top in tutti i tipi di università, istituti farmaceutici o centri di ricerca in cui siano andati a lavorare”.
Lei ha un progetto in merito alla formazione?
“Certo, il prossimo step che voglio raggiungere nei prossimi 10 anni di lavoro prima della pensione è costituito dalla realizzazione della Fondazione per la Ricerca Giovanni Colao, intitolata a mio padre, per superare le specializzazioni individuali e attuare la transdisciplina. Quest’Istituto avrà al centro l’essere umano che deve fare progettualità, avere un denominatore comune per fare percorsi nuovi interdisciplinari e stabilire contatti con altre università straniere: io spero di portare a Napoli luminari e ricercatori da Asia, Giappone, Emirati Arabi, Paesi che io conosco bene e in cui sono continuamente invitata ma che non hanno rapporti con enti italiani.”
Mentre parliamo lei lavora a un centrino: non si riposa mai?
“Ho ricevuto un’educazione all’antica e mi hanno insegnato il piano, l’arte culinaria, il ricamo, il cucito, la maglia ad uncinetto e ai ferri: le mie mani sono incapaci di star ferme, come provano le tovaglie ricamate, i pullover dai disegni complicati, i vestiti, i poncho, le sciarpe e gli accessori che dò in beneficenza, a favore del “Campus Salute”, di cui sono presidente nazionale dal 5 giugno 2015 e che anche quest’anno porterò con il mio staff medico alla Rotonda Diaz dal 4 al 7 ottobre, per visitare gratuitamente la popolazione per la prevenzione delle malattie, aprendo a tutti i cittadini, ai turisti e anche alle scuole.”
Come passa il tempo libero in questa torrida estate?
“In verità, tempo ne ho pochissimo e lo dedico alla famiglia, a mio marito Stefano con cui abbiamo già girato la boa delle nozze d’argento e a mia figlia Alessia che ha intrapreso la carriera di avvocato civilista: adesso andremo in montagna a Pescocostanzo dove mi divertirò a cucinare quiches e torte, mousse, soufflè e bavaresi, che ho imparato a fare nei miei soggiorni di studio in Francia (lasciando però i piatti a base di pesce a mio marito Stefano, un vero esperto in materia). Probabilmente faremo qualche puntatina a Ischia da mia suocera e a Capri da amici ma senza alcuna mondanità: trovo divertenti l’Anema ‘e core, i balli sui tavoli, la disco al Number One e Number Two ma preferisco lasciarli a mia figlia”.
E quando ha qualche ora libera a Napoli, che fa?
“Vado alla scoperta dei suoi luoghi più nascosti insieme ad amici e familiari, perché c’è sempre tanto da vedere, ammirare, scoprire o riscoprire, e io amo essere una turista nella mia città”.
Quindi niente viaggi-vacanza?
“La mia intera esistenza è contrassegnata da viaggi intorno al mondo per motivi di lavoro e, infatti, adesso andrò per la terza volta negli Emirati Arabi dove mi chiamano continuamente a fare cultura: ma, dovunque mi trovi, appena convegni e congressi medici mi lasciano un po’ di spazio, ne approfitto per visitare i dintorni, addentrarmi nei musei, conoscere usi e costumi di altri popoli.”
Ha altri hobby?
“Sì, la lettura e, in questo campo posso definirmi onnivora poiché divoro libri di narrativa, di inchieste giornalistiche, storia e filosofia, gialli, biografie, scoperte archeologiche: amo tenermi informata sui fatti d’attualità ma la mia passione segreta rimane l’antichità e non mi lascio sfuggire nessun testo in merito, anche se si tratta di storie romanzate come quelle di Clive Cussler che riescono, comunque, a trasmettere il brivido del mistero e la speranza di favolosi ritrovamenti.”
Tra le sue passioni c’è anche il calcio?
“Io sono molto tifosa del Napoli, anche se meno di mia sorella Marisa, fan davvero sfegatata: sono contenta dell’arrivo di Ancellotti perché è un grande nome e ha un pedigree che parla per lui, anche se mi era molto simpatico Sarri. Non condivido però l’avversione per la Juve che non ritengo “nemica”: sta a noi diventare più forti di loro, senza irriderli o rispondere alle provocazioni. Almeno io nella mia vita mi sono sempre comportata così: ce la metto tutta per migliorarmi ma non ho mai avuto da ridire contro chi era arrivato prima di me a un traguardo che ambivo.”
Come giudica Napoli?
“E’ indiscutibilmente la più affascinante città del mondo: io ho visto le tre baie più belle del pianeta, ovvero Sidney, Napoli e Rio De Janeiro ma non vi è geograficamente confronto con il nostro skyline di fantastico effetto, perché le altre sono piatte mentre Napoli ha il Vesuvio, il Golfo, le isole ed è il posto più bello del mondo, da cui non me ne andrei mai. La città ha sicuramente dei chiaroscuri e ci sono molte lacune nei trasporti che sfavoriscono la mobilità di lavoratori, giovani e turisti: molte cose sono migliorate nell’accoglienza turistica rispetto a dieci anni fa ma la possiamo rendere ancora di più alto profilo, anche se non mi sento di dare consigli, poiché non faccio l’opinionista né la tuttologa. Ritengo però che dovremmo riqualificare alcuni spazi sul mare come il Molo San Vincenzo, il porto e Bagnoli su cui punterei i maggiori sforzi e attrezzare il lungomare come la Croisette della Costa Azzurra: noi partiamo da alcuni vantaggi come il lungomare e il Golfo, abbiamo dei geni bellissimi e straordinari che vanno solo sviluppati, così com’è stato fatto al vecchio porto di Marsiglia (io vi ho vissuto dal 1988 sino al 92 per specializzarmi), un tempo malfamato e infrequentabile ma oggi riqualificato e tra i porti più belli d’Europa. Noi abbiamo un centro storico che non ha paragoni col resto del mondo ma occorre probabilmente un maggiore controllo per evitare che persone dal vissuto familiare ed educativo difficile che hanno una diversa percezione del bene pubblico entrino in conflitto con chi invece ha un altro tipo di percorso e potrebbe essere messo in difficoltà. Dovunque io vada, nel mondo, parlo bene della mia città, della meravigliosa Napoli che – ne sono convinta – ha tutte le carte in regola dal punto di vista architettonico e geografico per diventare la città più turisticamente attrattiva del mondo intero”.
Qual è il suo sogno nel cassetto?
“Dopo la pensione sogno di conseguire un’altra laurea, quella in Lettere Antiche e Archeologia che avrei voluto prendere sin da ragazza; mio padre, però, mi indirizzò sulla via della medicina instillandomi la passione per la ricerca e la voglia di arrecare sollievo a chi soffre, in parte anche perché preoccupato dalla mia inclinazione per le sessioni di scavo “dal vivo” in terre lontane e impervie. Sono contenta di aver intrapreso la strada della ricerca ma nel mio cuore c’è ancora la passione repressa e mai sopita dell’archeologia: sogno, pertanto, di recarmi proprio in questi posti avventurosi per effettuare scavi sulle tracce della storia pre-greca e pre-romana, a caccia di segreti ancora nascosti di civiltà evolute come Babilonia, di cui tanto si è scoperto in questi anni ma che riserva forse altre sorprese e a cui potrei finalmente dedicarmi.”
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COLAO: “LA PREVENZIONE E’ VITA”
Di Laura Caico
28 agosto 2018 – Un appuntamento con la salute. E’ già in movimento la grande rete organizzativa del Campus 3S che ogni anno dà vita al più grande ospedale da campo italiano che scende nelle piazze di varie città del Bel Paese per offrire a cittadini, turisti e persone indigenti la possibilità di usufruire gratuitamente di controlli medici senza le lunghe liste d’attesa della sanità pubblica nè i costi dell’assistenza medica privata: nato da un progetto di largo respiro solidale di Annamaria Colao, Professore Ordinario di Endocrinologia dell’Università Federico II di Napoli, nonché Direttore della Sezione autonoma di Endocrinologia e Vicedirettore del Dipartimento di Gastroenterologia, Endocrinologia e Chirurgia generale del Secondo Policlinico, il Campus Salute è giunto alla sua ottava edizione che ci viene illustrata dalla prof. Colao, che ne è il presidente nazionale dal 5 giugno 2015.
Com’è nato il Campus Salute?
“ Ho sempre dato molta importanza allo stile di vita alimentare, fisico, fumo, alcol che hanno un peso determinante per la salute: quando mi chiamarono per organizzare visite gratuite di screening mammario al fianco dell’associazione onlus “Komen Race for the Cure” che si occupa di prevenzione di cancro della mammella, mi resi conto che lo sforzo organizzativo medico non poteva concentrarsi solo sulla prevenzione di una singola patologia ma aveva bisogno di un lavoro cospicuo a monte del problema, per avvicinare la nostra popolazione al tema della prevenzione, affrontando le cause vere di rischio oncologico. Quindi, sin dall’inizio, inserii nella manifestazione a Napoli una serie di visite gratuite, facendo nascere nel 2010 il Campus Salute ONLUS con il prezioso supporto di un gruppo di professionisti disposti a mettere in campo le loro esperienze per la promozione della salute, della prevenzione delle malattie e delle disuguaglianze sociali in tema di salute e di prevenzione.”.
Quando partirà il nuovo rendez-vous napoletano?
“Apriremo il Campus 3S a tutti i cittadini, ai turisti e anche alle scuole dal 4 al 7 ottobre alla Rotonda Diaz, dove offriremo gratuitamente alla popolazione visite per la prevenzione delle malattie, attività ludiche, sportive, spazi per gli animali di famiglia con corsi di addestramento e anche con le prove dei cani antidroga, momenti di intrattenimento e di solidarietà e la conclusione con la Prevention Race, una corsa di solidarieta’ con i rifugiati, che si affiancherà alla passeggiata delle famiglie sul lungomare Partenope”.
Ma non vi sarà solo prevenzione, vero?
“No, infatti anche quest’anno saranno con noi artisti, musicisti, testimonial del mondo dello spettacolo, per vivere insieme momenti di relax: come ogni anno, inoltre, spiegheremo l’importanza fondamentale della prevenzione insieme al coordinatore scientifico del progetto, l’avvocato Tommaso Mandato, presidente di Sportform, da sempre in prima linea per lo sport e la salute.”
Perchè 3 esse contraddistinguono il Campus Salute Onlus ?
“Le tre esse indicano Salute, Sport e Solidarietà e identificano il nostro progetto a 360° per aumentare il benessere della popolazione di tutte le età: Sport perché sono tante le aree attrezzate, anche per i più piccoli, per praticare attività fisica – come calcio a 5, minibasket, volley, rugby, subbuteo, calciobalilla – sotto l’occhio attento degli istruttori, Salute perché il campus (campussalute.it.) è soprattutto prevenzione, grazie a un fantastico staff di medici specialisti volontari che offrono visite gratuite a chiunque ci venga a trovare e Solidarietà perché aiutiamo di volta in volta casi speciali di indigenza e disagio sociale.”
Qual è il bilancio dell’anno passato per il Campus napoletano?
“Abbiamo effettuato sul lungomare 2500 visite mediche gratuite in tre giorni, oltre settemila prestazioni sanitarie in merito alle principali patologie cardiache, senologiche, ginecologiche, respiratorie, dermatologiche, andrologiche, gastroenterologiche e per finire endocrinologiche con ecografia della tiroide, valutazione dell’osteoporosi, obesità, diabete, permettendo una valutazione completa dello stato di salute, grazie all’impegno di oltre duecento medici che si sono alternati nei 19 ambulatori installati: siamo orgogliosi di questo grande ospedale da campo che ogni anno sul lungomare di Napoli offre un punto di riferimento importante per la prevenzione”.
Chi sono gli sponsor che vi hanno sostenuto?
“Ha partecipato sia la medicina pubblica che privata, i colleghi del policlinico federiciano e degli ospedali limitrofi che si sono avvicendati nei turni dell’ospedale da campo e le tante strutture private quali Medicina Futura, i centri Fumo, Cmo della famiglia Marulo di Torre Annunziata, Augusto, Igea, Cardiologico Campano, Nephrocare, AMES, Isaia, Ames, Villa Angela, Cavalieri di Malta, Centro diagnostico Basile, l’associazione delle farmaciste e i medici dei Rotary per la prevenzione Ictus e anche dei Lions.”
Il Campus Salute è stato portato in altre città?
“Sì, ormai non è più solo una iniziativa napoletana ma già è stato organizzato con successo a Roma, Aosta, Roccaraso, Padova, Milano e sono in pole position anche Genova, Palermo e Messina: il mio obiettivo è portare questa iniziativa in tutta Italia, ovviamente con la collaborazione dei medici dei diversi territori.”
Avete in programma altre iniziative per sostenere il Campus?
“Abbiamo in programma ben tre eventi di fundraising da realizzare prima di Natale, ovvero una cena di beneficenza, una serata al Museo di Capodimonte e un burraco di solidarietà”: noi non riceviamo alcun finanziamento pubblico e abbiamo molte spese specialmente per l’allestimento degli ambulatori da campo, ma riusciamo lo stesso a farcela grazie ai colleghi, agli amici, alle persone di buona volontà e a pochi imprenditori sensibili e lungimiranti”.
C’è qualche novità particolare per questa prossima edizione partenopea?
“Sì, quest’anno inauguriamo un Premio che riteniamo giusto e doveroso, un riconoscimento a chi – in questa fase storica di recessione economica – non si arrende e prodiga le sue energie e il suo talento per la terra di Partenope: si intitolerà “I Benefattori di Napoli” e sarà attribuito a personalità distintesi per l’attaccamento e la dedizione al territorio, per iniziative solidali, per la promozione di opere concrete a favore della città, dei cittadini, dei giovani e delle categorie più deboli e disagiate”.
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