Intervento di Gianpaolo Necco, componente Arga Campania
La questione sollevata dalla possibilità di applicazione delle OMG sui prodotti agricoli, non solo non può passare sotto silenzio, ma deve fare aprire gli occhi ai coltivatori campani e non, che rischiano grosso. Non c’è futuro per chi si serve delle moderne tecniche di salvaguardia dei prodotti agricoli, utilizzando sperimentazioni fatte in laboratorio come quelle degli organismi geneticamente modificati. Se c’è un prodotto che caratterizza e distingue l’italiano dagli altri popoli, è proprio l’uso del “suo” pomodoro. Il pomo d’oro, scriveva negli anni ’90 Domenico Rea, dall’aspetto così nostrano, è un po’ difficile immaginarlo venuto dall’America; mettete un pomodoro contro sole e vedrete un che di trasparente o qualcosa di mobile come il mare. Le screziature ricordano velature di vascelli da mettere al posto dei velieri conservati nelle bottiglie. I pomodorini di collina, più piccoli e rotondi, ricordano le navi a botticelle dei monaci pellegrini che attraversarono l’Atlantico o quelle fulminee dei pirati barbareschi. Il pomodoro sta nel territorio italiano come il basilico e il prezzemolo, ed allo stesso modo è popolare, perché accompagna l’uomo nella vita. Questo riferimento non sembri un inno bucolico; serve, perché vi è l’aspetto nazionale da difendere, il sapore, il gusto del nostro pomo, non può essere alterato o addirittura annullato, solo perché non si riesce a debellare il virus. Virus che ha afflitto il pomodoro dalla sua introduzione nel nostro paese e che nei secoli, già 5, ha trovato sempre forme di salvaguardia, senza per questo perdere la sua valenza di “succo degli dei” a tutti gli effetti, giungendo sui tavoli degli italiani con tutte le sue qualità organolettiche intatte. Bene ha fatto l’Assessore regionale all’agricoltura, Vincenzo Aita, a condannare ed escludere il ricorso all’OMG, e come non condividere le sue preoccupazioni? Già la Cina invade le mense di mezzo mondo col suo pomodoro in scatola, vogliamo che, grazie all’OMG, il nostro pomodoro e tutti gli altri nostri alimenti subiscano la stessa sorte? Basta ricordare che nel nostro paese qualcosa come 115mila ettari producono pomodori, che crescono al mare, in collina e sui monti purchè vi sia sole a sufficienza, acqua e terra, quella che poi nel prodotto campano fa la differenza col San Marzano. Infine, che ogni anno se ne producono ancora tanti, un quintale di per ogni italiano. Lo stop all’OMG appare opportuno e tempestivo. I nostri agricoltori hanno chi li tutela, i laboratori della Cirio sanno il loro mestiere, riescono a trovare sempre l’antidoto giusto al terreno che nasconde il virus. Ieri, in non poche zone della Campania, si faceva crescere col pomodoro il sedano, il prezzemolo, il cavolfiore, il mais e l’ortica, quest’ultima ne aumentava la serbevolezza, riducendo gli attacchi fungini. Oggi le reti contro l’invasione dell’afide, e la pacciamatura, cioè la copertura del terreno per i prodotti in serra, rappresentano la sicurezza per il pomodoro e son già dieci anni che succede; la scoperta dei due semi che resistono meglio all’attacco del virus è una bella risposta, ed è già il futuro, domani si potrebbe scovare qualche altro elemento che dà una mano alla crescita sana del pomodoro ma senza mai intaccarne il seme. Il pomodoro è la ricchezza della Campania ed è la carta di credito degli spaghetti, della pizza e di tanti altri alimenti italiani che, senza la sua preziosa polpa, forse si mangiano, ma non si gustano. A quel punto meglio mangiare cinese.
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