ETERNO FEMMININO
TEATRO INSTABILE NAPOLI, VICO FICO PURGATORIO AD ARCO 38 DOMENICA 12 DICEMBRE ORE 21.30
La storia di Ofelia come non si è mai vista, in due movimenti di danza dalla musica classica a quella contemporanea. La donna innamorata di Amleto, annegata per la sua follia, sarà la protagonista della serata conclusiva del progetto “Oltre la linea” domenica alle 21.30 al Teatro Instabile di Napoli. Lo spettacolo, già in scena negli auditorium casertani, è scaturito dalla mente di Daniela Mancini, giovane attrice e danzatrice della compagnia Uroburo, che nello scorso aprile ha avuto il merito di portare a Napoli Beatrice Libonati, esponente di punta della compagnia di Pina Bausch, omaggiata con lo spettacolo “Frammentazioni di un discorso amoroso” e con uno stage all’Albergo dei poveri. All’Instabile, con una doppia performance dal titolo “Eterno femminino”, che prevede in seguito un’azione scenica di Roberta D’Amore, danzerà anche Maria Cerciello con voce recitante di Lucilla Minervini.
Ofelia, ovvero, dello spirito della donna.
Su un palcoscenico vuoto, indifferente, come sospeso nel tempo e nello spazio, una figura fantasmatica lotta col buio del silenzio per cantare, una volta ancora, la sua tragica vicenda d’amore e di morte.
Senza parole, ma con la straziante potenza dei moti del suo animo, d’un indomito spirito di donna, la delicata Ofelia shakespeariana, preda d’una lucida follia, travalica i secoli per rappresentare, col loquace linguaggio del suo corpo, l’amore – che ha, forse ingiustamente, creduto mal riposto – per Amleto, l’omicidio – non voluto – di suo padre ad opera dell’uomo che ama, la sua solitudine tra persone che non comprendono ciò che le passa nel cuore e nella mente, la sua morte insensata – e forse agognata – in un corso d’acqua, avvolta dai fiori che ama intrecciare per ornarsene oppure offrirli a coloro a cui vuole bene. E nel momento della morte, un solo pensiero le riempie l’anima: “Io ti ho amato come un fiore ama il suo prato”. Come petali strappati dal vento, le lettere d’amore ch’ella è costretta a restituire ad Amleto contengono le sue aspirazioni, i suoi sogni, i suoi sentimenti, che adesso prendono voce e colore nella magia dei passi, nella disillusione delle movenze, nella disperazione dei gesti. La sua innocenza di giovane donna, il suo amore irriso, l’insensatezza che prova di fronte ai complotti, alle ingiustizie e alle amare cose della vita s’innalzano come un urlo silente dal suo animo, confidente eppur tradito: “Me misera, che ho visto quel che ho visto,/ e vedo quel che seguito a vedere!” (Amleto, atto III, scena 1). Il resto è, ancora, silenzio….
Bruna Mancini
da: marco perillo [ perillocomunicazione@gmail.com ]
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